Sciogliere o non sciogliere? Riflessioni a margine

I bookmakers 2.0 si interrogano da giorni sull’ipotesi di scioglimento di Roma Capitale. Le quotazioni sono basse, dato che il governo ha già detto che non scioglierà. Ciononostante, a quanto si apprende dalla stampa, la relazione della commissione prefettizia pare spingesse per sciogliere l’amministrazione capitolina per mafia. Una posizione che non sta in piedi, numeri alla mano, ma che sta in piedi “emozioni” alla mano.

Traduco: Roma Capitale produce mediamente almeno 100 mila determine dirigenziali ogni anno, la maggior parte delle quali riguardano impegni di spesa (contratti con privati). Di queste, circa 70-80 l’anno hanno riguardato le cooperative coinvolte dall’inchiesta “mafia capitale”. Significherebbe sciogliere per mafia un’amministrazione sulla base dello 0,07% degli atti prodotti: 7 ogni 10.000. Oggettivamente non sono numeri tali da far dire che “Roma è in mano alla mafia”. Eppure questa affermazione la leggiamo da mesi  e, non a caso, da un sondaggio recente di Demos risulta che 9 romani su 10 lo pensano davvero. Ecco perché la posizione dello scioglimento sta in piedi “emozioni” alla mano: non si basa su atti e numeri, ma sull’ondata emotiva che plasma l’opinione pubblica (che ormai definirei “emozione pubblica”, mi pare più appropriato).

L’altra tesi a supporto dello scioglimento è quella della continuità politico-amministrativa tra la gestione Alemanno e la gestione Marino relativamente agli affidamenti in favore di Buzzi & co. Ciò non significa che Marino sia coinvolto in prima persona, ovviamente, ma piuttosto che non regge la sua posizione sull’ “argine al malaffare”. Il Sindaco, in sua difesa, ha scelto una linea aggressiva e frontale: “stiamo facendo pulizia, anche grazie a Pignatone”. E ricorda a tutti, per testimoniare questa sua battaglia campale, l’aver fatto dimettere Panzironi dall’AMA ben prima che l’inchiesta fosse resa pubblica, cioè prima di Pignatone. Un’affermazione che per ora ha fruttato una querela da parte di Panzironi, che si è dimesso dall’AMA nel 2011, due anni prima che Marino diventasse Sindaco e, in generale, una posizione che è facilmente smentibile con i numeri. Mettendo a confronto i contratti stipulati dal Dipartimento Politiche Sociali nel 2012 (ultimo anno pieno di Alemanno) e nel 2014 (primo anno pieno di Marino), i dati sono i seguenti (mia elaborazione su dati ufficiali di Roma Capitale):

Il Sindaco non è coinvolto direttamente. Gli si imputa al più scarso controllo politico, e lui ha scelto una strategia comunicativa rischiosa per provare a dimostrare il contrario. Personalmente, ne avrei scelta un’altra: posto che né la politica né l’amministrazione hanno a disposizione gli strumenti ispettivi di una Procura, nessuno tra coloro non coinvolti poteva sapere dell’associazione a delinquere. Né i politici, né i dirigenti. Se le cooperative di Buzzi erano in regola in base al Codice degli Appalti, nulla poteva escluderle dai contratti.

Insomma alla formula “stiamo facendo pulizia, anche grazie a Pignatone” avrei preferito “stiamo facendo pulizia grazie a Pignatone”. Certo, nell’era della conoscenza 2.0 (quella usa e getta, fatta di slogan, tweet e frasi a effetto) provare a spiegare questa banalità sarebbe stato visto come un atto di debolezza. Già gli si contesta che non governa, se passa anche che non controlla diventa un problema serio. Tuttavia, se l’alternativa è essere smentito dai fatti forse è peggio, visto che la “credibilità” è ormai l’unica cosa che conta…

Ma oggi si apre un altro capitolo della vicenda. Ora la linea dura sembra quella di rimuovere i dirigenti corrotti, di nominare un city manager (avviso pubblico già pubblicato) e insomma di spostare l’asse della vicenda sul fronte amministrativo. Sono loro che decidono e firmano gli impegni di spesa. Dunque, in ultima istanza sono loro i veri responsabili dello sfascio. E infatti, saranno loro, di fatto, ad essere rimossi (quelli coinvolti direttamente) o commissariati (gli altri), per riportare l’ente alla “normalità amministrativa”. Questo è un capitolo enorme che chiama in causa i rapporti tra politica e amministrazione, prassi amministrative illecite ma tollerate (vedi il caso delle infinite proroghe), buona fede e mala fede dei singoli, ecc. Commissariare può anche funzionare nel breve periodo, ma nel lungo? Cosa succederà domani con la nuova amministrazione senza magistrati, prefetto e governo col fiato sul collo? Finiranno le proroghe? I dirigenti saranno davvero autonomi nelle scelte degli strumenti? E i politici si limiteranno a indicare gli obiettivi? Al di là di “mafia capitale” questi sono problemi atavici dell’amministrazione italiana (non solo romana), con evidenti implicazioni culturali diffuse. Vada pure per la toppa, ma è ora di lavorare seriamente sul buco. Possibilmente con la testa e non con la pancia…